venerdì 24 maggio 2013

Italia: Uscire dalla recessione significa enormi sacrifici e stop all'austerity



La manovra di politica monetaria scelta da Draghi tagliando ancora i tassi di interesse saranno una mossa corretta per rilanciare l'economia italiana e aiutare i paesi ad uscire da un periodo recessivo ? Nel tentativo di dare un po' di fiato all'economia europea in difficolta', la Banca Centrale Europea (BCE) ha recentemente operato un taglio sui tassi di interesse di riferimento, che hanno cosi' raggiunto il loro minimo storico.

L'auspicio e' che questa decisione infonda un po' di rinnovata fiducia al sistema, portando gli interessi di mutui e prestiti bancari a un ribasso sufficiente da essere maggiormente a portata di famiglie e imprese. Il Ceo di Unicredit Federico Ghizzoni ritiene che il taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea è una mossa corretta per favorire la crescita.

Sicuramente la decisione di tagliare i tassi bancari può essere vista come la speranza che l'Europa abbia capito le difficoltà che un paese come l'Italia si trova ad affrontare e il segnale che qualcuno sta pensando alla ripresa economica, finalmente. Ma ha bisogno di prendere urgentemente decisioni politiche nazionali in materia di imposte (prima di tutto), la spesa del lavoro e pubblica, oltre alle riforme di cui il Paese ha bisogno.

Quando è cominciato il problema del PIL e della spesa pubblica

Nella storia dell’Italia di questo secolo i tre decenni che vanno dal 1960 al 1990 sono quelli che hanno visto l’espansione più prolungata del peso del settore pubblico sull’economia. In questi trenta anni, infatti, la quota della spesa pubblica sul PIL è passata dal 29 al 53,5%. I fattori che hanno portato a questo aumento sono stati demografici, connessi al processo di sviluppo economico e sociale e quindi la crescita del reddito e legati alla produttività del settore pubblico ed ai prezzi relativi del settore pubblico.

Diciamo che tutto questo è normale in un paese con una forte crescita economica, quello che ha danneggiato inevitabilmente il paese è stata l'espansione della spesa rispetto la lentezza nell’adeguamento delle entrate. In questo trentennio, la pressione tributaria aumenta di circa 9 punti percentuali sul PIL mentre quella fiscale di circa 14 punti.

Il disavanzo pubblico poco più dell’1% nel 1960 è dell’11% nel 1990. Anche per quanto concerne il debito questo trentennio si caratterizza per una crescita enorme del suo peso sul PIL che è pari al 36,9% all’inizio del periodo, ma raggiunge l’ammontare del PIL nel 1990. Nel grafico qui sotto potete visionare l'aumento del debito sul PIL nell'ultimo decennio.

Crescita del debito italiano sul PIL negli ultimi decenni

Famiglie, lavoratori e imprese (soprattutto piccole) si aspettano molto dal nuovo governo italiano, il cui primo ministro, Enrico Letta, gode anche della fiducia del Popolo della Libertà ma ad una condizione, che la pressione fiscale sia ridotto a partire dalla cancellazione della tassa IMU. L'IMU è una vera e propria tassa di proprietà comunale immobiliare, la prima fonte di tensione tra il Partito Democratico e il Popolo della Libertà.

Secondo uno studio della Cgia, l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese della città di Mestre, la pressione fiscale in Italia è una delle più alte in Europa, ma i servizi forniti dalla pubblica amministrazione non sono niente di speciale. I paesi scandinavi, per esempio, sono i più sovra-tassati in Europa, ma il livello di qualità dei loro servizi è molto alta. In particolare in Italia la pressione fiscale è di 4,5 punti superiore alla media dei paesi che fanno parte della zona euro.

Inoltre secondo la Cgia, tra i servizi pubblici che in Italia lavorano poco e male ci sono: la giustizia civile, le infrastrutture materiali e immateriali (il cui deficit spaventa), il settore sanitario, che in molte regioni del sud Italia sta crollando e la pubblica amministrazione che in molti sottosettori ha ancora livelli ingiustificati di inefficienza.

La situazione dell'economia italiana è molto difficile, così come le previsioni dei vari istituti di ricerca economica e statistica. Per esempio Prometeia (Istituto di analisi macroeconomiche e della Ricerca) ha stimato nel suo rapporto Uno sguardo AL 2020
All'Italia non basteranno 14 anni per uscire dalla crisi. Il Pil alla fine del 2020 sarà ancora inferiore ai valori pre-crisi, di fine anni '90 di circa il 2 per cento. Tra il 2015 e il 2020 il tasso di crescita medio si collocherà stabilmente in territorio positivo (+1,1%) ma in linea con il 2000-2005.

Non basteranno cioè 14 anni per recuperare i livelli di crescita perduti: il doppio di quanto, negli anni 90, impiegò la Finlandia, più del triplo di quanto impiegò la Svezia.

La situazione poi, nel mercato del lavoro, è peggiorata rispetto a 6 anni fa. La recessione ha fatto raddoppiare il tasso di disoccupazione, in confronto al 2007, quando viaggiava sul livello del 6 per cento. E questa condizione non migliorerà, anzi. La soglia, già vicina al 12 per cento, verrà superata entro il 2014 e tornerà al 9 per cento solo nel 2020?, comunque ai livelli di fine 2011.
Conclusione

Cosa fare per rilanciare l'economia in Italia ?

- Ridurre la pressione fiscale sulle imprese e cittadini.
- Sbloccare i pagamenti che la pubblica amministrazione deve a società private per i servizi e gli acquisti di beni (circa il 60% dell'occupazione in Italia è generato da piccole imprese, anche in tempi di crisi). Molte di queste aziende sono state costrette a chiudere a causa della carenza di liquidità in quanto le banche non stanno dando i prestiti.
- Finanziamento agli ammortizzatori sociali (secondo le stime dei sindacati ci sono circa 700 mila esuberi).
- Pagare le indennità di disoccupazione a coloro che non riescono a trovare un lavoro.
- Le banche devono comportarsi come banche, cioè concedendo prestiti alle imprese: le banche devono fornire prestiti a tassi ragionevoli, anche e soprattutto per le micro e piccole imprese che occupano il 75% dei lavoratori in Europa e non solo solo per le large cap.

Come finanziare il rilascio dei pagamenti, gli investimenti e la riduzione della pressione fiscale ?

- Con la riduzione dei costi della politica (ad esempio, ridurre il numero dei parlamentari e dei loro stipendi).
- Eliminando i rimborsi elettorali ai partiti politici.
- Con la lotta contro l'evasione fiscale.
- Con la riduzione del numero di province e comuni.
- Eliminando gli sprechi di denaro nelle forze armate.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo