martedì 23 agosto 2011

Quali società italiane trarranno vantaggio dalla caduta di Gheddafi ?


Dopo 157 giorni di combattimenti, il fronte dei ribelli libici con l'aiuto dei bombardamenti Nato è riuscito nell'intento di far cadere Tripoli e assediare il leader Gheddafi. Ormai sono questione di giorni o forse ore e la Libia sarà un paese liberato da una tirannia durata 42 anni.

In un articolo scritto il 24 Febbraio di quest'anno (Libia e petrolio, come le agitazioni influiscono sulle società internazionali) vi avevamo spiegato come sarebbe cambiato il panorama europeo all'inizio di questa guerra civile protratta per 6 mesi.

La Libia ha prodotto 3 milioni di barili al giorno di greggio prima del golpe del 1969, ma questa è diminuita costantemente nel corso degli anni a causa dei problemi di politica estere. La produzione era risalito dopo che le sanzioni sono furono revocate, ed è stato stimata in 1,65 milioni barili al giorno nel 2009 (VIA), circa 150.000 barili al di sotto della capacità di 1,8 milioni di euro, ma soprattutto la quota dell'Opec di 1,47 milioni di barili al giorno. Le esportazioni nette sono state 1,17 milioni barili al giorno nel 2009, una parte del petrolio è stato utilizzato come materia prima per una mezza dozzina di raffinerie, la più grande con 220 mila barili al giorno a sud di Bengasi sul Golfo della Sirte.

Il crollo di Gheddafi si farà sentire sull'economia italiana ? Certo che si. L'Italia infatti è il primo partner commerciale libico con un indotto di circa 12 miliardi di euro nel 2010, questo grazie anche al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, siglato nel 2009 tra Italia e Libia.

Priorità scongelamento beni libici

Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, in una conferenza stampa ha sottolineato come sia prioritario lo scongelamento delle risorse e dei beni libici bloccati in paesi terzi all'inizio della guerra civile.
Ci sono molti paesi che intendono sbloccare i beni libici congelati. La questione ora e' di assicurare che siano utilizzati in modo trasparente dalle autorità di transizione. Stiamo lavorando per lo scongelamento dei beni e la rimozione delle sanzioni.
Ingenti risorse appartenenti al regime libico sono bloccate anche in Italia, dove Gheddafi deteneva importanti pacchetti di azioni di aziende italiane:

Unicredit 7,5%
Finmeccanica 2%
Eni 1%
Juventus 7,5%
Banca Ubae 67,6%
Retelit 14,8%

Una normalizzazione sui regolamenti import export dovrebbe allentare i costi favorendo la crescita nei prossimi due anni, il cambio di regime poi avrà un effetto salutare sulle tante società italiane che hanno partner in Libia.

ENI

Per esempio l'impatto su Eni sarà doppio, oltre l'1% dell'azionariato, ENI ha una forte e storica presenza nella regione con giacimenti di petrolio e gas.
La crisi libica ha penalizzato la produzione di idrocarburi -15% nel 2° trimestre 2011 meno di 1 milioni di barili di greggio al giorno (-12% nel 1° semestre 2011)
ENI produce anche significative scorte di gas naturale dalla Libia e tubi verso il continente attraverso il gasdotto Greenstream. Ha inoltre perforazione significative di petrolio e di gas, raffinerie e attività di costruzione di impianti industriali in Libia.

Inoltre l'amministratore delegato dell'ENI, Paolo Scaroni, nel 2010 aveva dichiarato che la società era pronta ad investire 20 miliardi nell'area libica. 

Cosi' il presidente dell'Eni, Giuseppe Recchi, a margine di un convegno al Meeting di Rimini, ha commentato i recenti avvenimenti in Libia.
Sicuramente si riapre un mercato che per noi si era interrotto, rappresentava il 13% del nostro fatturato ma soprattutto dal punto di vista del Paese si riapre una fonte di materie prime di gas e di petrolio.
Un conflitto che con l'interruzione della fornitura di materie prime ci penalizzava particolarmente - ha precisato il numero uno del colosso energetico - perche' serviva a garantire il fabbisogno italiano. Gli avvenimenti libici succedono ben prima dell'inverno per cui la cosa e' positiva. Ma il fattore piu' positivo e' soprattutto che si interrompe una guerra, per cui - ha concluso Recchi - dal punto di vista umanitario e' una soluzione che tutti auspicavamo succedesse in fretta
ENEL

Secondo Fulvio Conti, amministratore delegato del gruppo energetico italiano Enel, la Libia del futuro potrebbe essere una nuova area di forte investimento per la società: in queste ore la situazione nel paese nord africano la situazione si fa sempre più tesa, con l’arrivo dei ribelli a Tripoli e il cerchio che si stringe sempre di più intorno al regime del colonnello Gheddafi.

Durante il meeting di Rimini Conti ha auspicato un ritorno alla normalità nel paese: in questo modo sarà possibile "ammodernare il settore energetico e si creeranno nuove opportunità". Il gruppo Enel non ha alcuna relazione con il regime libico ora in crisi, "perchè quel regime non ci piaceva", ha specificato l’amministratore delegato.

Il vento di cambiamento che arriva dalla Libia rappresenta una svolta molto importante per il colosso energetico anche se, come Conti ha chiarito, si tratterebbe di un’opportunità interessante ma non certo cruciale per il fabbisogno energetico italiano.

FINMECCANICA

L'amministratore delegato del gruppo italiano di difesa e aerospazio Giuseppe Orsi ha dichiarato a margine del Meeting dell'Amicizia di Rimini:
Con Bengasi abbiamo già parlato. Auspichiamo che si arrivi presto a stabilire un governo stabile per ricostruire i nostri contatti. Riteniamo che i contratti in essere verranno rispettati, che sono in salvo. Non mi aspetto nulla nel breve periodo.
Finmeccanica ha contratti per 700 milioni di euro bloccati dall'inizio della guerra civile e si aspetta che il nuovo regime possa mantenere intatte le promesse e dar il via libera allo sblocco delle commesse.

Il futuro

La Libia è un paese con grandi risorse minerarie ma manca di infrastrutture, allora quali saranno i paesi che ne guadagneranno di più, la Francia in primis, la gran Bretagna e l'Italia.
E proprio dalla Francia bisogna ben guardarsi, quando iniziò la guerra civile fu proprio il paese d'oltralpe ad inviare i primi caccia bombardieri e il primo ad organizzare un incontro con il nuovo futuro regime è stato il presidente Nicolas Sarkozy.

La Francia infatti ha grandi capitali investiti in Libia e sicuramente non se li lascerà sfuggire, così mette le mani avanti e dovranno essere bravi gli altri paesi ha riportare la fine del conflitto sul piano internazionale per evitare di essere letteralmente "cacciati fuori".

Intanto la Francia vorrebbe ospitare, al massimo entro la settimana prossima, un incontro con gli alleati internazionali per discutere una tabella di marcia sul futuro della Libia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Alain Juppe.

Il presidente Nicolas Sarkozy parlerà per telefono con Mahmoud Jibril, leader del Consiglio di Transizione Nazionale Libico. Secondo Juppe, Jibril dovrebbe essere a Parigi "nei prossimi giorni", per discutere di cosa ? Sicuramente del futuro della Francia nel paese libico.